BIENNALE DEI LICEI ARTISTICI

Maddalena Adriano, studentessa del Liceo Artistico S. Orsola, è stata selezionata per la Biennale Nazionale dei Licei Artistici

L’opera di Maddalena e quelle degli altri studenti di tutta Italia saranno in mostra fino al 4 giugno presso lo Spazio WEGIL e dal 7 maggio al 4 giugno presso il Palazzo dell’Istruzione (MIUR).

Il lavoro prende spunto da Clarice, una delle Città Invisibili di Calvino. È una catalogazione di dadi di varie misure su una tavola rivestita da un foglio bianco. Le parole riportate si riferiscono all’identità di un oggetto in cui il dado assume il ruolo di parte funzionale. L’opera, volendo porre un interrogativo visivo, si struttura come una tavola optometrica che chiede di guardare sempre meglio, ed è una riflessione sul rapporto oggetto/funzione e sull’arbitrarietà del fatto linguistico.

“L’unico vero viaggio (…) sarebbe non andare verso nuovi paesaggi, ma avere altri occhi, vedere i cento universi che ciascuno vede, che ciascuno è.”

Marcel Proust. Se il vero viaggio, come afferma Marcel Proust, è riscoprire con altri occhi la realtà con cui entriamo a contatto ogni giorno, perché non partire dall’esperienza degli oggetti che viviamo, analizzandoli da un altro punto di vista? Questo è lo scopo del lavoro presentato che è anche frutto di una ricerca personale, sviluppatasi in seguito alla lettura del libro di Italo Calvino “Le città invisibili”. Come città di riferimento è stata scelta Clarice, dove ogni oggetto viene riutilizzato per qualcosa che non corrisponde al suo scopo originario: le inferriate delle finestre vengono usate come griglie su cui cuocere la carne, le tende come coperte o ancora, i capitelli come comodini.

Gli anni passano e gli oggetti vengono esposti nei musei sotto teche di cristallo, ma non è più chiaro cosa sia stato effettivamente utilizzato per il suo scopo o per altro. Così si è pensato al modo in cui si vivono gli oggetti quotidianamente, come si osservano e come si dà loro importanza in base all’uso. Eppure molti di questi hanno qualcosa in comune, delle piccole parti meccaniche o strutturali che pochi imparano a notare. Il dado fa parte di questo aspetto celato, è un elemento essenziale che completa, sostiene e fa funzionare l’oggetto. Non assume importanza se preso singolarmente, ma insieme ad altre parti costituisce l’elemento stesso. Il dado è l’oggetto che va a completare. Il lavoro quindi è una catalogazione, un’esposizione di dadi di diverse dimensioni su una tavola di legno da 32x83x2 cm rivestita di un foglio bianco. Le parole riportate corrispondono all’identità che il dado assume nel momento in cui fa funzionare l’oggetto. I nomi sono completamente diversi ed è interessante come vengano ricondotti tutti all’elemento del dado che ha sempre la stessa forma e varia solamente di dimensioni in ordine decrescente dall’alto verso il basso. L’opera è anche una riflessione sull’ambiguità tra oggetto e funzione, sull’associazione tra la parola e l’immagine. La ricerca non si ferma alla realizzazione dell’opera, ma potrebbe continuare all’infinito poiché infiniti sono gli oggetti di cui facciamo esperienza.

 

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